In tutto il periodo degli anni, a cavallo tra il 1943 ed il 1944, Lauro di Sessa Aurunca fu teatro di eventi bellici, piuttosto, rilevanti, alcuni purtroppo, drammatici. L’unico punto di riferimento per la popolazione fu la locale Caserma dei Carabinieri che durante l’occupazione ebbe il fondamentale ruolo di protezione dei civili, di aiuto umanitario e di ordine pubblico. I Militari dell’Arma si occuparono con dedizione, non solo della cittadina di Lauro, ma delle quindici frazioni di competenza dell’allora vastissimo Comune di Sessa  Aurunca. Tra i tanti militari , si ricorda l’attivismo e l’impegno di Michelarcangelo Lioi, il protagonista della toccante storia ed Antonio Pannuto. Entrambi resteranno fortemente legati al territorio aurunco dal punto di vista affettivo e familiare.
Lioi abitava nel centro di Lauro con la moglie Assunta e i due figli Antonio (futuro Patologo Clinico e Primario Ospedaliero) e Rosa Maria (Insegnante), Pannuto invece abitava all’ingresso di Lauro, nei pressi della Caserma con la moglie Laura e due figlie Angelina (Lina) sposata Arbo e Maria Giovanna sposata Varone.

Lioi, in particolare, (che tutti chiamavano don Michele) aveva stretto un forte rapporto amicale con molte famiglie lauresi,  in particolare con la famiglia di Giuseppe Festa e della moglie Lucia. I figli Filomena e Licia praticamente erano diventati parte integrante della famiglia Lioi.  

Forte era il rapporto con l’allora gioventù laurese (Angelina e Peppino Abbate, le famiglie Ciccaglione, Del Mastro, Gramegna, Andreoli  e tante altre). Grazie alla prof.ssa Cecilia Aida Maria Del Mastro ed al suo libro, pubblicato nel 2004, finalmente il ruolo dei CC di Lauro è stato riconosciuto pubblicamente con una adeguata rivisitazione storica.

Il 25 luglio del 1943, successivamente alla riunione del Gran Consiglio del Fascismo, che mise in minoranza Benito Mussolini, nel centro di Sessa Aurunca vi furono alcuni disordini che furono sedati proprio dai Militari dell’Arma dei Carabinieri.
L’8 Settembre, poi, nel Cinema Seccareccia si svolse un incontro tra i militari italiani e tedeschi. I tedeschi disarmarono gli italiani e la guarnizione di soldati presenti sul territorio sessano deposero definitamente le armi con una conseguente gran confusione in tutto il circondario aurunco. Restarono quale unico riferimento di ordine pubblico e di protezione ai cittadini, solo i Carabinieri delle locali stazioni territoriali.
Pochi giorni dopo, intorno al 13 settembre, il clima sociale mutò radicalmente soprattutto nell’atteggiamento dell’esercito tedesco nei confronti della popolazione italiana. La Wehrmacht bloccò  le strade, procedendo a dei rastrellamenti per prelevare giovani e padri di famiglia da deportare in Germania nei “campi di lavoro”, perché nel frattempo tra il 9 e il 18 settembre con l’Operazione Avalanche nella Piana del Sele-Paestum avvenne lo sbarco anglo-americano.

I rastrellamenti divennero sempre più frequenti con numerose catture ed i rastrellati, da tutto il territorio aurunco, venivano condotti con la minaccia delle armi al campo sportivo Cappuccini ove venne allestito un campo di smistamento per, poi, essere trasferiti alla stazione dei treni e partire alla volta della Germania da cui, purtroppo, a fine guerra in tanti non tornarono mai più. Nelle trentasei frazioni del Comune di Sessa Aurunca, nel frattempo, erano stati affissi dei manifesti in cui si invitavano, minacciosamente, i cittadini a collaborare ed evitare sabotaggi ed attentati pena la morte per fucilazione. Bisogna ricordare che il 10 ottobre del 1943, nel corso dell’insurrezione civile (le 5 giornate di Napoli) venne liberata la Città di Napoli dall’occupazione delle forze armate della Wehrmacht e dalle milizie fasciste locali.
In questo contesto storico, in cui i militari tedeschi “risalivano” i territori avvicinandosi al Garigliano, i rastrellamenti e le angherie divennero sempre più frequenti ed il territorio laurese e castelfortese, sponde destra e sinistra del fiume, divenne centro di cruente battaglie e azioni militari.
E qui si innesta la storia eroica di don Michele Lioi, Carabiniere a Lauro.

I tedeschi volevano imporre ai carabinieri una stretta collaborazione di polizia militare e venivano identificati con una fascia nera sul braccio destro della divisa.
Il Comandante tedesco della guarnizione accampata poco fuori Lauro, in direzione Sessa, il pomeriggio si recava presso la Caserma e con Lioi, venivano individuate e concordate le zone, fra le quindici frazioni della giurisdizione della Caserma laurese, ove il giorno successivo si doveva procedere al rastrellamento dei giovani idonei ai lavori forzati.
I valori di libertà e democrazia di Lioi, lo indussero a non sottostare a tali soprusi e, pertanto, da solo per non dare sospetti e per non mettere in pericolo altre persone, faceva il giro notturno delle masserie avvisando i giovani a rischio di non farsi trovare il giorno dopo.
In questo modo molti giovani lauresi ebbero salva la vita.
Purtroppo, un delatore locale prezzolato, noto a Lioi, di cui in vita non ha mai voluto fare il nome, rivelò il tutto ai tedeschi, i quali prontamente arrestarono il Carabiniere e lo tradussero nel campo Cappuccini a Sessa Aurunca.
Nella notte seguente, però, Lioi riuscì a fuggire scavalcando il muro di cinta del Campo Sportivo dal lato sud, presso il vecchio pastificio Del Gaudio.
Venne inseguito, ma tra gli anfratti e burroni della strada tra Sessa e Lauro, riuscì a far perdere le proprie tracce, pur ferendosi e perdendo alcune falangi dell’indice della mano destra.

Giunto a Lauro, per evitare di essere riacciuffato presso la propria abitazione,  decise di chiedere aiuto ad alcune famiglie di amici lauresi. Con grande coraggio e solidarietà  le famiglie Festa, Abbate ed Andreoli, aiutarono il Carabinieri a nascondersi, proteggendolo e rifocillandolo e dando anche assistenza alimentare alla sua famiglia. Il rifugio fu scelto nella campagna di Lauro nel circondario di una masseria che aveva come supporto idrico, un pozzo.

Durante l’estate il livello delle acque è più basso, poi durante le piogge invernali il livello sale e per evitare dispersione della acque, lungo l’asse del pozzo vi sono scavati degli anfratti (piccole grotticelle), raggiungibili con pioli di ferro, uso scala. Fu qui che venne allestito il nascondiglio di Lioi, che era celato alla vista, poiché il pozzo veniva coperto con delle fascine per nasconderlo ed ogni due o tre giorni veniva traslocato in altro pozzo.
L’atto di coraggio dei lauresi fu davvero incredibile, stante che la pena per la protezione di un fuggitivo fosse la fucilazione. Si giunse sino al 20-22 gennaio 1944 con la battaglia del Garigliano e alla relativa liberazione del territorio aurunco e, pertanto, anche Michelarcangelo Lioi riacquistò la tanto agognata libertà.

La famiglia Lioi non ha mai dimenticato il gesto di immane solidarietà delle famiglie lauresi, tanto che il figlio Antonio, che oggi ci ha raccontato personalmente  questa meravigliosa storia di solidarietà, battezzerà Pietro Andreoli figlio di Angelina Abbate, tra le più attive nel salvarlo e viceversa è stato battezzato Daniele Lioi, figlio di Antonio e nipote di Don Michele Lioi, il protagonista della nostra storia.

Per anni, tale emozionante vicenda è rimasta tramandata tra le famiglie, ma non si è mai voluto renderla pubblica. Oggi il dott. Antonio, residente in Firenze, figlio dell’eroico Carabiniere, ha voluto rendere omaggio al popolo laurese per quello spirito di profonda giustizia e di amicizia che permise di aiutarsi a vicenda.

Lioi protesse decine di giovani lauresi e Lauro, con immensa gratitudine, lo salvò.

A cura di Alberto Verrengia per Generazione Aurunca

Michelarcangelo Lioi ed il figlio Antonio presso la Caserma dei Carabinieri di Lauro

Lauro di Sessa: Angelina Abbate, la signora Lioi ed Antonio Lioi

La prof.ssa Licia Festa tra le protettrici di Michelarcangelo Lioi

Il dott. Antonio Lioi, oggi.