Il fidanzamento era una delle fasi più emozionanti e più interessanti della cultura sociale ed antropologica del territorio aurunco. Aveva una vera e propria ritualità ancestrale, un’antica usanza anche in certe contrade di Sessa Aurunca, che si estendeva sino alla zona minturnese.
l giovane corteggiatore, convinto di voler ufficializzare il fidanzamento, collocava davanti alla porta della signorina prescelta…un ceppo. La ragazza, se consenziente, lo ritirava all’interno dell’abitazione ed in fidanzamento poteva ritenersi realizzato, altresì, se non era consenziente, ella con un calcio, lo faceva rotolare sulla strada. Tale gesto era un chiaro e netto rifiuto al corteggiamento del maschietto aurunco.
Alle volte, però, nella tradizionale invadenza familiare dell’epoca, anziché la figlia, interveniva la madre, la quale, accortasi della presenza del ceppo si esprimeva con una sorta di rituale verbale che aveva in sè del poetico: “Chi ha ‘nceppelliata La figlia mia?” . Giungeva prontamente la risposta del corteggiatore, che solitamente non si allontanava dal luogo del ceppo per attendere ansiosamente la risposta: “l’aggia nceppeliata io” . A questo punto se la madre non gradiva lo spasimante replicava: “Comme l’hai nceppeliata, accussì scelleppela”.
Chiaramente, non era questa l’unica forma di corteggiamento nei secoli scorsi nel territorio aurunco. Le modalità più classiche era quelle dello n’ciarmo o dell”intervento del Sanzano.
Sicuramente il rito del ceppo restava tra i più rudimentali ma celeri per una risposta alla propria proposta di fidanzamento.
(cfr Sessa Aurunca dalla A alla Z-publiscoop edizioni)