Esistono delle tradizioni che risalgono a tempi immemori. Una di queste è  “Ru Cocàro” o “Ru Cochero” o “Ro Rochero“, per altri più semplicemente “Pigna Pasquale” , relativamente, al luogo di provenienza e trattavasi di una forma di pane di forma circolare con un buco e all’interno con  tre o cinque o un qualsiasi numero dispari  di uova sode per buon augurio.

Nel Territorio Aurunco  tra Lauro, Carano, Cellole, San Castrese, Casale di Carinola ed in tanti altri paesi, nei periodi pasquali, sfornavano questo gustoso pane composto dal lievito naturale di una volta detto anche “Criscito” a cui venivano aggiunte le uova. Si cercava in ogni modo di non far rompere il guscio, poichè, nell’immaginario  mangiare un pezzo di involucro di pane rappresentava un pericolo per l’infiammazione dell’appendicite.

Il nome potrebbe venire dal francese “Rocher” ossia Roccia, poichè il pane era piuttosto duro e croccante, oppure il termine si riferiva solamente alla forma di ruota o di cerchio col buco al centro. Nelle famiglie, esso veniva sfornato dalle donne di casa come augurio al capofamiglia, il quale era addetto al taglio durante i lauti pranzi pasquali. La  “Pigna” nella tradizione era più elaborata del Cocaro-Cochero, poichè, aveva una forma di pupazzo con  mani e piedi ed occhi ricavati da chicchi di caffè (cfr G. Perrotta).

Infine, la Collèra era il classico panello di pane con un solo uovo che doveva essere assaggiato in primis dal Pater Familias.

Anche alle ragazze della famiglia, poi, veniva dedicato una formina di pane, denominata “A Pupatella“, stavolta a forma di bambolina.

Si ringrazia: Fiorella Picano per l’immagine e i ricordi della tradizione laurese, Franca Ciriello per i ricordi della tradizione Cellolese, “Sessa Aurunca dalla A alla Z” e Antonella Maffezzoni per i ricordi della tradizione rongolisana.

GA