Il racconto-leggenda del miracolo di Sant’Antonio, denominato localmente Sant’Antuono, è una delle pagine più suggestive della antica e lunga storia della frazione Lauro di Sessa Aurunca.
Ci troviamo nella metà del secolo XIX, segnatamente dopo il 1860, periodo in cui si stava concretizzando l’unità d’Italia, ma il meridione era attraversato da sanguinosi scontri tra l’esercito Sabaudo ed i reduci dei fedelissimi borbonici, oltre a drappeli di Briganti locali.
La durezza delle ritorsioni dell’esercito del Regno di Sardegna si era consumato con le atroci incursioni nelle città di Bronte in Sicilia, di Casalduni e Pontelandolfo in provincia di Benevento. Per le cittadine conquistate ed i suoi abitanti, che avevano resistito, la punizione era durissima con rapide esecuzioni ma soprattutto l’incendio di vaste zone dei luoghi ribelli. Nell’Agosto del 1861, vari disordini si manifestarono in queste cittadine. Per Casalduni e PonteLandolfo, il brigante Giordano si mise a capo di una sollevazione e come raccontato dalla RIVISTA STORICA DEL SANNIO Anno V (1919)– “ per sedare i disordini fu mandato l’11 Agosto da Campobasso, capoluogo della provincia nella quale era già compreso Pontelandolfo,un drappello di 45 soldati con a capo il tenente luigi Augusto Bracci e 4 carabinieri.”
Ed ancora: ” Per dare maggiore spavento agli animi dei miseri cittadini,si unì l’incendio del paese e della chiesa”.
Stessa sorte era prevista per la ribelle Lauro di Sessa Aurunca. Nella frazione sessana, si verificarono delle sommosse e delle reazioni contro l’esercito regolare agli ordini dei Piemontesi. La leggenda racconta che una spedizione di incursori era partita alla volta del territorio aurunco per raggiungere Lauro e soffocare la rivolta con gli stessi metodi utilizzati per altri paesi, dunque anche l’appiccare incendi ritorsivi.
Il drappello di soldati giunti nei pressi del comprensorio sessano, ebbe serie difficoltà a localizzzae il centro urbano e chiesero informazioni ad un Monacello fermo sul ciglio della strada, che nel racconto alcuni indicano persino su un cavallo o mulo.
Il Monaco, alla richiesta di indicazioni sulla allocazione del paese, subito diede la propria disponibilità ad accompagnare la guarnigione sino allla cittadina, poichè anche lui si stava recando in loco. Dopo vari chilometri, tra zone impervie, i soldati ebbero la sensazione che il percorso fosse errato e proprio allora il monaco eremita svanì nel nulla.
Il reparto armato era stato sperduto nelle campagne, ormai, lontano da Lauro. Poche ore dopo, il contigente sabaudo fu fermato ed arrestato da milizie filo borboniche ed i componenti furono trasportati proprio a Lauro di Sessa.
Giunti nel paese, alcuni degli ufficiali furono dislocati nella Chiesa SS Maria dei Pozzi e qui con grande stupore essi trovarono una statua che rappresentava Sant’Antuono, identica al monaco incontrato e che con le sue gesta aveva impedito la distruzione della cittadina. Alcuni militari si inginocchiarono sconvolti, chiedendo perdono e invocando il Santo, mentre da ogni dove del paese giungevano i residenti emozionati per quanto stava accadendo.
Da quel momento in poi, Lauro divenne devota al Santo protettore degli animali, istituendo una festa il 17 Gennaio evocativa in cui vasti roghi vengono appiccati con delle pire nei luoghi più rappresentativi del paese, ma stavolta non per scoipi distruttivi ma per vivere solidamente un momento di festa e devozione tra cibo e canti.
Questa leggenda si interseca con la ritualità del Santo in senso generale che è proprio quella di protettore del fuoco.
La storia ci narra che Sant’Antonio Abate, spogliatosi di tutti i beni materiali, si ritirò nel deserto della Tebaide dove iniziò a condurre una vita da eremita. Nella sua lunghissima vita, morì a ben 105 anni, svolse un importante ruolo di guida spirituale ed evangelizzatore, nonché di taumaturgo (cioè capace di compiere miracoli). L’appellativo di abate gli deriva dall’essere considerato il patriarca del monachesimo orientale.
A cura della Prof.ssa Cecilia Del Mastro e dell’Avv. Alberto Verrengia