Anni 50, dello scorso secolo: avvento della televisione in bianco e nero.

Finalmente, potevamo vedere le storie, che si sentivamo solo raccontare o leggere e sceneggiati che si ispiravano a romanzi di grandi scrittori. Anche per la gioia dei bambini di allora, la RAI trasmetteva i primi cortometraggi appositi, telefilm sceneggiati a puntate settimanali, da tutti attesi con ansia.

La rivoluzione era entrata anche nelle case italiane, ma non in tutte le case, poichè allora il prezzo di un televisore era di circa 160.000 lire e non tutti si potevano permettere questo lusso considerando che la paga della classe operaia si arrestava intorno alle 40.000 lire mensili. Nelle abitazioni in cui era entrata la televisione, la sera era sempre festa con un pizzico d’invidia, di chi purtroppo non era nelle stesse condizioni economiche. Nel piccolo borgo di Corbara, fino alla fine del decennio cinquanta e sino agli inizi degli anni sessanta, nessuno possedeva l’apparecchio televisivo; ricordo di averlo visto per la prima volta intorno al 1956, allorquando un signore di Roma, certo Nicola, di cui non ricordo il cognome, sposato con una corbarese, veniva a trascorrere l’estate a Corbara .

Il benestante risiedeva presso il vicolo Socce proprio di fronte all’ultimo caseggiato e sopra un tavolino, collegato con dei fili elettrici che scendevano da una finestra, si intravedeva un piccolo televisore che trasmetteva in bianco e nero. Rammento ancora le immagini, le quali non erano perfette, sprovvisto di una antenna, comunque si potevamo ammirare le prime trasmissioni, anche quelle dedicate ai bambini. In molto accorrevano per assistere ai programmi e consumandosi la corrente elettrica, e giustamente o (business di allora), il signore incominciò a chiedere offerte per vedere gli spettacoli. Non tutti potevamo contribuireed allora niente visione. Crudele ma così era.

Successivamente, il televisore entrò a fare parte ufficialmente della comunità di Corbara. Allora esisteva nel gioioso paesello, un circolo, lo storico “circolo apolitico”, in cui erano iscritti gran parte degli uomini maggiorenni del paese. Tutti furonk contenti per l’arrivo della intelevisione, specialmente i ragazzi ma anche questa volta vi fu una selezione. Non a tutti i soci piaceva la presenza dei ragazzi nel locale (forse rumorosi) ed allora decisero, tramite votazione, di fare entrare solo i figli dei soci durante la messa in onda della TV dei ragazzi. Discriminazione totale, povero noi, figli di non associati, costretti ad andare a piedi presso la vicinora Cascano, attraverso sentieri, con il caldo con la pioggia o con il freddo per trovare qualche locale con TV che ci ospitasse per vedere lo sceneggiato più importante del periodo. Tra i primi ci fu: “Ivanhoe”, seguitissimo e amato da noi giovani aurunci. Anche a Cascano incominciarono i soliti malcontenti e le richieste di contribuzione economica Ogni tanto si trovava qualche brava persona di buoni sentimenti che si schierava contro chi non ci accettava e grazie a lui riuscivamo a vedere il telefilm.

Pian piano, anche se con sacrifici, con qualche rinuncia e piccoli debiti, il televisore entrò a fare parte di molte famiglie del territorioaurunco, per la contentezza di tutti, soprattutto delle persone più anziane e dei ragazzi, non per altro se non per vedere eliminata tanta superbia, discriminazione e razzismo da parte dei possessori delle TV, verso la maggioranza dei meno fortunati.

Triste quanto bella, storia in bianco e nero in un territorio aurunco che fu.

A cura di Mario Caranfa per Generazione Aurunca